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Acustica Clarinetto
L’ACUSTICA DEL CLARINETTO di Manfredo Cavallini L’acustica del clarinetto, è un interessante argomento che ha il potere di dare spunti di riflessione su molti degli argomenti che via via potranno essere trattati in questa sede, scegliendo tra i tanti che rappresentano ancora un mistero per molti musicisti, spesso abilissimi a suonarlo il clarinetto ma che inconsciamente mettono perfettamente in pratica principi teorici di cui spesso non conoscono neppure la loro esistenza. Innanzi tutto si deve sapere che, nonostante molti musicisti poli-strumentisti si alternino tra clarinetti e vari saxofoni con la massima confidenza quasi fosse una discendenza automatica, va precisato che gli unici punti in comune tra le due famiglie dei sax e dei clarinetti sono la geometria del bocchino e molte posizioni simili delle chiavi per l’apertura e chiusura dei fori tonali, ma se si dovesse attribuire loro una discendenza per affinità parentale si commetterebbe un grave errore. I sax dal punto di vista acustico sono molto più affini agli oboe o ai fagotti che non ai clarinetti infatti hanno una cameratura conica a differenza dei clarinetti che hanno una cameratura cilindrica e non conica. Tutti questi fiati citati hanno però in comune la proprietà di nascere tutti come canne aperte salvo i clarinetti che nascono costruttivamente come canne aperte ma proprio poiché hanno una cameratura cilindrica si comportano da canne chiuse almeno nel registro grave cosiddetto di Chalumeau. Le proprietà acustiche di una canna chiusa sono molto singolari in quanto permettono di far risuonare il tubo su un quarto della lunghezza d’onda anziché su mezza lunghezza d’onda e quindi di far contribuire al timbro risultante per ciascuna nota solo gli armonici dispari che sono gli unici compatibili con tale configurazione risonante. La prima considerazione che se ne deriva è che se la lunghezza geometrica del clarinetto equivale a un quarto di lunghezza d’onda del suono emesso a parità di lunghezza della colonna d’aria i suoni sono un’ottava (due volte) più gravi di una corrispondente canna aperta della stessa lunghezza geometrica. I costruttori di organi sfruttano questo principio per evitare nel registro grave di dover usare canne aperte proporzionalmente sempre più lunghe e quindi adottano canne letteralmente tappate in alto, riducendo la lunghezza della metà ed ottenendo la stessa bassa frequenza. Il clarinetto si comporta da canna chiusa e perciò risuona su lunghezze d’onda quattro volte più lunghe della sua stessa lunghezza proprio come le canne tappate di quegli organi posti nella nicchia di chiese dal soffitto troppo basso per permettersi di avere tutte canne aperte. Il “tappo virtuale” del clarinetto è semplicemente un nodo acustico posto tra barilotto e bocchino poiché in prossimità dell’estremità superiore, là dove batte l’ancia, per la legge di Young non può che esserci un ventre stazionario. Per inciso, le stecche del clarinetto, sono dovute a instabili spostamenti della posizione proprio di quel nodo o tappo virtuale nel suo comportamento da canna chiusa. La più importante conseguenza del comportamento da canna chiusa è quella di avere preponderanza di armoniche dispari almeno nel registro di chalumeau tra Mi basso (146 Hz Re 4) e Fa# (329 Hz Mi 5). Per questo motivo il timbro del clarinetto non è stridulo ( diciamo pastorale) come quello dell’oboe. Il registro di gola è il più bizzarro nel clarinetto poiché si vanno aprendo troppi buchi in prossimità del famoso nodo o tappo virtuale e il timbro in questo registro è influenzato dal sorgere delle armoniche pari che talvolta a seconda del tipo di barilotto e della camera di risonanza del bocchino possono superare in intensità le componenti dispari. I grafici delle trasformate di Fourier di questo strano comportamento si possono trovare nei link della seconda pagina del mio sito www.clarinet.it Tra i costruttori italiani attualmente più noti vorrei ricordare i fratelli Patricola s.n.c. a Castelnuovo Scrivia (AL) www.patricola.it che propone anche per i clarinetti piccolo e soprano per il famigerato Sib del registro di gola la soluzione più originale finora inventata ed adottata solo sui clarinetti contralto, basso e contrabbasso oltre che nei sax, poiché tiene separate la funzione di chiave tonale del Sib da quella del portavoce. Il buco del portavoce deve essere piccolo e in posizione più alta possibile senza compromessi che invece diventano necessari per intonare il Sib come in quasi tutti i clarinetti soprani; il Sib è bene che abbia appunto una sua collocazione indipendente più in basso e con una chiave controllata dal La di dimensioni maggiori di quelle del portavoce. Vorrei solo accennare ad un punto sulla diteggiatura del clarinetto che penso possa chiarire molte delle perplessità sollevate anche nel libro di Brymer. Nel clarinetto possiamo pensare di avere due portavoce uno per le dodicesime a tutti noto che preferirei chiamare risuonatore della quinta dell’ottava (appunto la dodicesima). Il secondo portavoce è l’indice della mano sinistra usato per i sovracuti che invece di considerarlo risuonatore della sesta della dodicesima (diassettesima) come suggerisce Brymer possiamo considerarlo risuonatore della terza maggiore della seconda ottava.(appunto la diciassettesima) Prendiamo, per spiegarci in pratica, la triade maggiore La Do# Mi e partiamo dal La di Chalumeau con il portavoce diventa Mi (dodicesima che è anche quinta dell’ottava della tonica La ) con il secondo portavoce si ottiene un bel Do# che è la diciassettesima di La ma è anche la terza della seconda ottava di La. Provate ad applicare questo criterio a tutele posizioni cromatiche del registro sovracuto: funziona perfettamente fino al Fa# poi con il Sol scattano le forchette e l’affare si complica. Con questa interpretazione il Clarinetto diventa uno strumento per tutta la sua estensione fondato sulle triadi maggiori. E'una considerazione originale che non credo sia mai stata annunciata prima d'ora. A proposito di Conservatori questi e molti altri argomenti li ho raccontati qualche mese fà in una lezione del tutto informale agli studenti di clarinetto, dal primo al settimo anno del Conservatorio di S. Cecilia : erano tutti interessatissimi anche perché di questi argomenti nessuno ne aveva mai parlato prima. Un saluto Manfredo Cavallini
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